La Milizia dell’Immacolata

Ecco una proposta di fede nuova, anzi, innovativa e controcorrente: controcorrente, perché ci insegna a non cedere all’anestesia di un cristianesimo abitudinario e scialbo, controcorrente perché ci insegna a leggere la storia con gli occhi di Dio, controcorrente perché ci insegna a combattere per l’Amore, controcorrente perché ci fa provare la bellezza di lasciarci condurre da Dio presi per mano dall’Immacolata.
E’ la Milizia dell’Immacolata. Partiamo proprio da Padre Kolbe.

M.I. – Che cosa significano queste due lettere?

La sigla M.I. racchiude in sé tutta l’essenza dell’associazione della Milizia dell’Immacolata. L’associazione, infatti, è innanzi tutto “I”, vale a dire “Immaculatae“, dell’Immacolata. L’ideale di ogni suo componente è di appartenere all’Immacolata, di essere Suo servo, figlio, schiavo d’amore, cosa, proprietà, insomma di appartenere a Lei sotto qualsiasi denominazione che l’amore verso di Lei ha escogitato o sarà in grado, in qualunque tempo, di escogitare; appartenere a Lei sotto ogni aspetto per tutta la vita, per la morte e per l’eternità. Essere Suoi senza alcuna restrizione, irrevocabilmente, per sempre.
E divenire Suoi sempre di più, in modo sempre più perfetto, farsi simili a Lei, unirsi a Lei, divenire in certo qual modo Lei stessa, affinché Ella prenda sempre più possesso della nostra anima, si impadronisca totalmente di essa, e in essa e per mezzo di essa Ella medesima pensi, parli, ami Dio e il prossimo, e agisca. Ecco l’ideale: divenire suoi, dell’Immacolata, “Immaculatae”, “I”.

Chi diviene proprietà di Lei in modo sempre più perfetto, in questa maniera, eserciterà un’influenza sempre maggiore nell’ambiente che lo circonda e stimolerà gli altri a conoscere sempre più perfettamente l’Immacolata, ad amarla sempre più ardentemente, ad avvicinarsi sempre più a Lei e a donarsi a Lei fino a divenire nello stesso modo totalmente, senza alcuna limitazione, Lei stessa.

Un’anima di questo genere, in quanto proprietà dell’Immacolata, conquista un numero sempre maggiore di altre anime a Lei, con ogni mezzo legittimo, e diviene non solo proprietà, ma anche cavaliere, milite dell’Immacolata, “Miles“, “M”. Ecco il significato delle lettere “M” e “I”, vale a dire della sigla “M.I.”.

Prima di entrare nello specifico dell’argomento MI, vorrei però fare un piccolo passo indietro. Vorrei tornare a quel 13 ottobre 1917, quando la Madonna appariva per l’ultima volta ai pastorelli di Fatima, consegnando un messaggio che apriva una nuova era: aveva chiesto la consacrazione al Suo Cuore Immacolato. E sappiamo che pressochè contemporaneamente a Roma nasceva la M.I. Un’ispirazione, quella di Massimiliano Kolbe? No, c’era stato il dito di Maria quella notte, perché quei primi 7 cavalieri dell’Immacolata ignoravano il fenomeno “Fatima”: era un’incredibile coincidenza di tempo ed un’identità di messaggio. Così il nuovo movimento si mette al servizio di Maria, vista alla luce dello stesso privilegio con cui era apparsa a Fatima e ancor prima a Lourdes.

Ma perché proprio Immacolata Concezione?

Perché l’Immacolata parla chiaramente di vittoria sul male, di conquista del mondo a Dio: dice di sconfitta delle forze del male e trionfo di quelle del bene. Tutti noi facciamo infatti esperienza del male e del peccato presente in noi e fuori di noi, ma sappiamo anche che vi è una lotta in atto e noi dobbiamo scegliere consapevolmente da quale parte stare. Per questo Gesù è apparso: per obbligarci a scegliere. Anche se poi non si è fatto illusioni. Infatti “molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”. Fra questi chiamati ci siamo anche noi, i consacrati all’Immacolata. Dobbiamo solo decidere se vogliamo anche essere fra gli eletti.

Siamo chiamati a che cosa?

A collaborare con Dio alla salvezza del mondo, cosa che potrà fare soltanto se gli apparterremo veramente. Il Suo ritorno nel cuore dell’uomo di oggi lo potrà operare soltanto attraverso di noi e noi potremo portare gli altri a Lui soltanto se gli avremo dato a nostra volta il nostro cuore. Ma solo Maria, l’Immacolata può aiutarci a preparare un cuore per Dio, con il suo esempio e con la sua presenza attiva: quel Cuore Immacolato ci indica come deve essere un cuore perché il Figlio di Dio venga a dimorarci. Questa è la novità, la strada scoperta da San Massimiliano: il legame con l’Immacolata, che si concretizza nella consacrazione a Lei. E su questo caposaldo è stato costruito il progetto della M.I.

Che cosa è dunque questa consacrazione su cui poggia la MI?

Prima di tutto che cosa “non” è. Non è – e non deve essere – un puro atto devozionale, ma proposta stessa di vita cristiana; non è un accessorio della fede, ma il cuore di tutta un’esistenza; non è un’aspirina per renderci più indolore l’esistenza, ma dinamite che rade al suolo il male dentro e fuori di noi e forza di carità che costruisce il bene dentro e fuori di noi. È un’opzione fondamentale nella vita di un cristiano, perché è un’obbedienza al Signore: la perfetta accoglienza di Maria nella propria vita, secondo l’invito di Gesù a Giovanni sulla croce; è riconoscere la sua missione nella storia della salvezza, facilitandoLe il compito materno di portarci a Cristo e al Padre, nella forza dello Spirito Santo. Ma si può comprendere fino in fondo la portata della consacrazione solo guardando a Maria che, interpellata da Dio, ha detto il suo sì personale, ha detto a Dio «Eccomi, io sono tua: Tu mi hai dato la vita ed io te la ridono». E guardare a Maria fu proprio ciò che fece Padre Kolbe. Per Massimiliano, Maria non è solo la creatura che Dio ha scelto come madre per entrare nel mondo: è l’Immacolata, la Donna nuova, la Madre di Dio fatto uomo, chiamata a continuare a collaborare con lo Spirito Santo nel generare il Figlio nel cuore degli uomini. E questo è missione. E San Massimiliano ha compreso che la forza della missione consiste nell’appartenere totalmente a Maria, nel rendersi simili a Lei, fino a diventare Lei stessa per permettere allo Spirito Santo, protagonista principale della missione e operante in Lei e con Lei, di continuare a portare Cristo nel mondo, attraverso di noi, che ci dichiariamo disponibili a rispondere «Avvenga di me secondo la Tua Parola». Tutto qui: questo è consacrazione.

Che cosa è dunque la M.I., questo modernissimo modo di vivere il cristianesimo? Un grande progetto congegnato per convertire i peccatori, gli eretici, gli scismatici, i lontani da Dio e per santificare tutti, sotto la protezione e per la mediazione dell’Immacolata, a massima gloria della SS. Trinità. Un progetto che ha la sua fase di avvio nel momento in cui il cristiano, chiamato da Maria, risponde accettando di consegnare se stesso in proprietà a Lei, ponendosi come strumento nelle Sue mani Immacolate per la costruzione del regno di Gesù nel mondo. E qui – con la visita della grazia divina, con l’ascolto e la risposta, come 2000 anni fa accadde con la visita di un angelo ad una fanciulla – comincia l’avventura evangelica del milite. Un’avventura che sarà diversa per ognuno di noi, secondo il nostro stato e i talenti che ci sono stati affidati. Ognuno di noi sarà milite in modi e tempi diversi, anche perché il sì è personale, oltre che libero: ma se sapremo vivere pienamente la nostra consacrazione, con la stessa sconfinata dedizione con cui la visse Padre Kolbe, essa ci porterà a vivere la nostra vita con la stessa gratitudine che esplose nel Magnificat.

Attenzione, però, perché a questo punto non potremo – non vorremo – più guardare indietro: la consacrazione è assoluta, incondizionata, illimitata ed irrevocabile. Assoluta, cioè totale, senza tentennamenti; incondizionata, cioè non deve dipendere da niente; illimitata, cioè senza riserve; irrevocabile, cioè è per sempre, non per un periodo determinato. Il cammino spirituale del milite è a questo punto già tracciato.

La seconda fase è quella di trasformarci in Lei, farci simili a Lei, per essere come Lei santi ed immacolati al cospetto di Dio e così capaci di generare Cristo nei fratelli.

La fase ulteriore e conclusiva del progetto di S. Massimiliano? Farci plasmare da Lei sul modello di Cristo per donare – come Lui – la nostra vita per la salvezza dei fratelli: diventare insomma un altro Cristo è lo scopo, il capolinea del cammino della consacrazione. Ecco perché la consacrazione che Padre Kolbe ci presenta e che si vive nella M.I non è – non può essere – un puro atto devozionale. Perché la missione del milite non è altro che la missione stessa di Maria: far sì che nella propria vita si incontrino Dio e l’uomo, la storia e la salvezza. Vi sembra una proposta impegnativa? Ebbene, lo è né più né meno dell’ideale evangelico, che ci siamo impegnati a testimoniare sin dal battesimo.

Qual è il “campo di lavoro” del milite?

I suoi impegni nel mondo innanzitutto, portati avanti con lo spirito di fede e di servizio di Maria. Poi deve tener bene aperti gli occhi ed il cuore per capire le situazioni che l’Immacolata gli pone dinanzi e saper trovare la sua terra di missione impegnandosi con creatività e coraggio là dove egli vive. Esempio: è tipico dei santi cogliere i segni dei tempi. Su quale obiettivo, ad esempio, Kolbe avrebbe oggi lanciato l’azione della sua Milizia?Sicuramente su quattro obiettivi:

  1. la difesa della vita e della sua sacralità dal primo momento della fecondazione fino al termine naturale;
  2. la difesa delle radici cristiane dell’Europa dinanzi al laicismo e all’avanzata islamica;
  3. la battaglia contro la dittatura (il relativismo e l’emarginazione di Dio dalla nostra società occidentale), in pieno accordo con il papa Benedetto XVI;
  4. la difesa dell’unicità di Cristo Signore e della sua salvezza dinanzi ad ogni falso ecumenismo o ad ogni pavido dialogo interreligioso.

Oggi, nell’impegno non semplice di diffusione della fede in un mondo ostile al Cristianesimo ed ai valori che realizzano l’uomo, Kolbe chiama i suoi discepoli ad una missione evangelizzatrice globale ed efficace; ad individuare gli obiettivi della “buona battaglia” cristiana e ad accendere il fuoco della Milizia. I militi dell’Immacolata devono insomma essere presenti e operare all’interno delle strutture del secolo con la passione per le anime di san Massimiliano, con la sua attenzione per l’uomo fino a fargli raggiungere la piena realizzazione di se stesso e con il suo amore capace del supremo dono della sua vita; e sono presenti ed operano con il loro stile caratteristico, che è quello del cuore e dei sentimenti di Maria, vivendo così sull’esempio di Lei:

  • In ascolto, della Parola che trasforma la vita, per accoglierla ed annunciarla;
  • In preghiera, cioè in relazione con Dio, che gli comunica i suoi progetti;
  • In offerta, della propria vita ai fratelli e cioè a Dio;
  • Vigilanti, in attesa della vittoria definitiva di Cristo, lasciando così il campo alla speranza e quindi alla serenità; non quindi nel clima del Venerdì Santo, ma in quello pasquale di chi va al Sepolcro sapendo di trovarlo vuoto.

Il milite dalla sua consacrazione ha imparato che cosa è il dono totale di sé a servizio della Chiesa e per questo ha il compito fondamentale e determinante per il futuro dell’umanità di santificare la cultura, il lavoro, l’arte, la politica, l’economia, cioè, in una parola, l’uomo: deve cioè portare nel mondo la “civiltà dell’amore” (Giovanni Paolo II). Infatti, se per esempio vi fossero educatori attenti e vigili come Maria lo fu di Gesù, non avremmo giovani smarriti, confusi e incapaci di dare un senso alla propria vita; se nei luoghi di sofferenza vi fosse la stessa sollecitudine di Maria nei confronti di Elisabetta, si scoprirebbe più facilmente il senso del dolore, senza neppure pensare ad eutanasia o accanimento terapeutico; se nei luoghi di lavoro al carrierismo si anteponesse il senso del dovere, di giustizia e di solidarietà, si risolverebbero gli squilibri sociali.

Il milite, in conclusione, è colui che si sente chiamato in causa dalla povertà morale o materiale di suo fratello, perché sa che Cristo gli fissa in questi un suo appuntamento preciso e non deve mancarlo. Nel campo di Auschwitz Massimiliano ha svolto la sua più grande azione pastorale alla scuola di Maria, coniugando i principali verbi al femminile: accogliere, ascoltare, confortare, incoraggiare, abbracciare, togliersi il pane dalla bocca per sfamare, per dare la vita. Questo è il DNA del milite.

I mezzi di apostolato

Padre Kolbe ci esorta ad adoperare per la causa dell’Immacolata tutti i mezzi, purché legittimi, secondo le possibilità di ciascuno. Concretizzando, sono da usare tutti quelli leciti, naturalmente, sia soprannaturali che naturali: questi ultimi da scegliere in base al proprio stato di vita. E allora Padre Kolbe indica come mezzi naturali tutte le invenzioni nel campo tecnico e scientifico, poi l’arte, i mass media, la letteratura, il teatro, il cinema, la politica, l’economia. Mezzi soprannaturali sono la preghiera, il lavoro e il sacrificio.

  • «La preghiera fa rinascere il mondo» perché «ci avvicina a Dio»: la preghiera quindi come strumento apostolico. Particolare importanza Padre Kolbe attribuiva al Santo Rosario (la spada per sconfiggere il male) e alla nota giaculatoria;
  • Il sacrificio «è il segno distintivo dell’amore», perché solo chi sa sacrificarsi ama veramente;
  • Il lavoro comporta sacrificio ed inoltre «porta a compimento l’opera» progettata con la preghiera.

Il più significativo e noto mezzo di apostolato soprannaturale è però la Medaglia Miracolosa, che è anche segno di appartenenza per i militi. Perché questo distintivo per i Cavalieri dell’Immacolata? Innanzitutto perché Padre Kolbe aveva in essa una fiducia enorme, proprio in quanto è stata la stessa Vergine a volerla. Inoltre, sapete che Padre Kolbe indicava nella rivelazione della Medaglia Miracolosa l’inizio dell’era dell’Immacolata?
La Medaglia miracolosa è dunque il primo mezzo di apostolato ed i militi dell’Immacolata debbono diffonderla ovunque e comunque. «La Medaglia miracolosa deve costituire un mezzo di prim’ordine nella conversione e santificazione degli altri, perché essa ci ricorda di pregare per chi non ricorre a Maria, non la conosce e la bestemmia».

Il Santo diceva che le Medaglie Miracolose sono come i “proiettili”, le “munizioni”, le “mine”, perché capaci di far breccia nei cuori murati, negli animi ostinati, nelle volontà indurite e incatenate al peccato. Per questo San Massimiliano portava sempre con sé le medagline, le dava a chiunque poteva, le collocava dappertutto. Alla scuola di questo Santo mariano dei nostri tempi dobbiamo imparare anche noi a muoverci armati di questi “proiettili”.

Qualche nozione giuridica

E adesso qualche nozione giuridica, anche se potrebbero sembrare un po’ pesanti, ma sono necessarie, perché senza la loro conoscenza non si può comprendere a quale dignità, ma anche a quale responsabilità la Chiesa ci ha chiamato.
L’art. 1 degli Statuti Generali definisce la MI italiana “un’associazione pubblica di fedeli, universale e internazionale”.
Questo significa che la M.I. è un’associazione perché costruita sulla base di uno statuto ben articolato, che ne delinea la struttura, le forme di adesione dei membri, i programmi di formazione e le proposte pastorali. È pubblica, grazie al riconoscimento della Chiesa, che le ha affidato l’incarico di evangelizzare in suo nome; universale, perché agisce in nome della Chiesa universale ed è aperta a tutti (sacerdoti, religiosi, laici; uomini, donne, bambini; adulti, anziani, giovani; sani e ammalati; contemplativi ed attivi); internazionale perché può essere eretta in ogni Stato, infatti attualmente è presente in 46 nazioni con 27 centri nazionali.
Il canone 313 del CIC dichiara poi che: “Per virtù del decreto di erezione, l’associazione pubblica è costituita persona giuridica e riceve, per quanto è richiesto, la missione per i fini che essa si propone di conseguire in nome della Chiesa (nomine Ecclesiae )”.
Per meglio comprendere lo spirito della nomina, occorre sapere che le associazioni pubbliche di fedeli sono erette a tre livelli: internazionale, nazionale o diocesano, corrispondendo, rispettivamente, alla loro nomina da parte della Santa Sede o da una conferenza episcopale o dal vescovo diocesano (CIC 312 § 1).
Ma la M.I. non è solo un’associazione; è anche e soprattutto movimento, una spiritualità. Essa infatti, come ricordano pure gli Statuti Generali al n. 3, è stata definita dallo stesso p. Kolbe “una visione globale di vita cattolica sotto forma nuova, consistente nel legame con l’Immacolata, nostra Mediatrice universale presso Gesù”.

Come si vive personalmente la spiritualità della M.I.?
Per volontà specifica del Fondatore tre sono i livelli di appartenenza (riportati anche nel Direttorio):
I * quello di chi privatamente aderisce alla spiritualità MI;
II * quello di chi entra a far parte dell’organizzazione MI e ne condivide i progetti;
III * quello di chi vive nella totale dedizione all’ideale MI, cioè una vita di consacrazione religiosa in Istituti a specifico carisma kolbiano
La differenza, allora, dove sta?
Di per sé la vita associativa non è indispensabile alla vita cristiana, però da soli si fa poco, mentre insieme si può fare qualcosa di più. L’impegno apostolico che, come abbiamo visto, è il nostro carisma, è portato avanti con più coraggio e vigore, se è condiviso dal gruppo: questo, lo sappiamo, è un mondo di increduli che può schiacciare il singolo che voglia impegnarsi da solo.
Questo, amici cari, è Milizia dell’Immacolata: vedete che non è dunque un gruppo di preghiera, non un semplice movimento di spiritualità, non una generica associazione ecclesiale, non una devozione mariana accanto a tante altre.
Essa è, al contrario, presa di coscienza della vocazione cristiana alla santità, testimonianza umile ed eroica di fede, impegno apostolico in tutti i luoghi dove l’uomo cerca la presenza amorevole di Dio: una realtà sempre attuale e in movimento con i tempi, senza chiasso, con lo stile di Maria.
Oggi come allora, coloro che entrano nella Milizia non possono pensare di salvare il mondo, ma possono e devono lavorare con estrema serietà, con cuore aperto alla collaborazione di tutti, ma anche umilmente, nel mondo, devono cioè riconoscere e dare risposta ai “segni dei tempi”.
E questa risposta è Maria: la persona giusta per insegnare a tutti a piegarsi sull’uomo per non lasciarlo solo sulla strada, per ridare un’anima al mondo. Allora il milite dell’Immacolata non è altro che un cristiano che riceve in dono la Madre come sostegno nel cammino e modello di fede e che tiene viva la grazia del battesimo attraverso la sua consacrazione.
Il milite allora non è altro che colui che, nel mondo, ricopre il ruolo di Maria nel Cenacolo: presenza orante, silenziosa ed operosa. Allora il milite non è altro che il cristiano che scopre di essere chiamato per la missione, che non consiste in strategie particolari, ma in quei piccoli gesti quotidiani compiuti anche da Maria: dall’alzarsi la mattina, all’andare a letto la sera dopo una giornata di lavoro, ma con quel cuore che è sempre rivolto a Dio.
Allora milite sarà colui che sa bene che l’incontro più bello e reale con Gesù si vive incontrando il povero e così si fa volontario per amore e dell’Amore, martire della carità, perché dalla sua consacrazione ha ricevuto la vocazione di farsi Madre sotto le croci che inchiodano alla sofferenza tanti fratelli.
Voglio lasciarvi con l’augurio che possiamo davvero accogliere questa consegna che oggi Massimiliano lascia anche a noi e che ci rimette in cammino come battezzati, per essere missionari nel mondo come Maria.
E questo mondo ha un bisogno assoluto di consacrati a Maria: di uomini cioè trasformati in Maria per salvare il mondo dalla distruzione del peccato.
Anche la Chiesa di Dio oggi ha bisogno di “nuove Marie”: Maria ha salvato la Chiesa duemila anni fa e Maria salverà la Chiesa oggi.
Questa è la missione di chi si consacra a Maria!
“Fratelli, quando vi sarà annunziata la mia morte, sappiate che siete per testamento i miei eredi. Finora tutti insieme abbiamo lavorato per l’Immacolata; quando io sarò morto, allora tocca a voi; a voi raccomando la sua Milizia. Dedicatevi alla sua causa senza restrizioni, senza limiti. Affrontate per essa ogni sacrificio, fino all’effusione del sangue, se occorrerà e propagate la MI fino agli estremi della terra: perché è una causa santa ……” (SK).