Nel corso del weekend che va dal 17 al 19 Maggio 2024, a Roma c/o la struttura del Seraphicum si è tenuta la Scuola di Formazione dal titolo: “Come parlare ancora di martirio. Fondamenti ed esigenze dell’amore”.

Venerdì  17 Maggio.

Oggi il pomeriggio è stato segnato da saluti fraterni tra tutti noi militi venuti da ogni dove per partecipare a questo momento bello di comunione seguito dalla recita dei Vespri. Dopo la cena, abbiamo vissuto un momento di Adorazione Eucaristica animata da p. Benone Butacu Assistente della Milizia dell’Immacolata delle Marche.

Sabato 18 Maggio.

In questa lunga giornata abbiamo vissuto un percorso di formazione con Padre Emanuele Rimoli OFM Conv, il quale ha argomentato il tema “Come parlare ancora di Martirio. Fondamenti ed esigenze dell’amore”.

Egli inizia subito ricordandoci che la spiritualità kolbiana si inserisce in quella francescana ed insieme rientrano nel Vangelo. Se noi ci concentriamo solo sul carisma kolbiano rischiamo il rizoma, ovvero, una fede senza radici.

Se guardiamo Cristo vediamo un uomo che non sfigura mai, nel senso che nonostante tutto la Sua idea di noi non cambia, il Suo amore copre ogni nostra imperfezione.

Quest’anno sociale la nostra attenzione si focalizza sulla testimonianza.

La testimonianza di Kolbe è legata al suo martirio.

Noi quando sentiamo la parola testimonianza pensiamo al concetto di comportarsi bene. Ma il buon comportamento non può essere un criterio di testimonianza.

All’origine della fede cristiana non c’è un’ideologia, bensì vi troviamo l’incontro con una persona: Gesù. Dall’incontro con il Signore dipende l’amore evangelico e l’immagine che noi abbiamo dell’altro. Per esempio, se nell’incontro con Dio sperimento la paura, tutti gli uomini mi faranno paura.

L’amore evangelico non è un sentimento, ma è l’intuizione dell’amore di Dio per tutti tra cui ci sono io e ognuno di noi personalmente, nella terribile (in senso di differenza dell’altro da me), drammatica (la vita nei suoi aspetti può essere drammatica) e prosaica (la concretezza dell’altro).

L’amore evangelico ci chiede di amare l’altro aldilà dei suoi limiti e delle sue contraddizioni. Noi siamo chiamati alla correzione fraterna, ma se rimuginiamo su di essa forse c’è l’inclinazione di sentirsi migliori dell’altro. Ricordiamoci questa preghiera:

Signore abbi pietà di lui e abbi pietà di me perché siamo ugualmente peccatori.

Signore benedici lui e benedici me perché siamo ugualmente figli tuoi”.

L’intelligenza umana ci suggerisce che non è sufficiente la consapevolezza dei propri sentimenti, ma dobbiamo imporci una pratica, ovvero, chiederci sempre che cosa ci perdiamo arrendendoci a ciò che non sia frutto dello Spirito Santo. Da qui l’esigenza di una continua conversione del cuore.

La testimonianza non è un fare la differenza, per esempio, la mitezza che è un frutto dello Spirito ci indica di esprimere i nostri pensieri senza aggredire. Non dobbiamo cadere nella polarizzazione o siamo angeli o siamo diavoli, la testimonianza è l’amore dell’altro espresse con tutte le nostre imperfezioni e fragilità.

Ciò che io faccio permette all’altro di incontrare l’amore di Dio attraverso di me. L’amore non si impone né le proprie opinioni, coltiviamo la mitezza, attraverso la quale mostriamo l’amore di Dio per l’uomo.

Dopo aver ricevuto questi spunti di riflessione, ci siamo divisi in tre gruppi, per lavorarci su insieme e fraternamente, poi ci siamo riuniti per condividere in assemblea.

In sintesi dai gruppi è emerso:

  1. Importanza di riannodare il rapporto con Dio cercando di non cadere nel mero devozionalissimo. L’amore evangelico va condiviso e non imposto. Spesso siamo noi ad ostacolare il piano di salvezza di Dio. Siamo chiamati a coltivare l’umiltà e la mitezza.
  2. Centralità di Gesù, mentre Maria è lo strumento attraverso il quale possiamo raggiungerlo con più facilità. Spesso siamo concentrati su ciò che non va e a lamentarci, invece che correggerci amorevolmente. L’amore evangelico si esprime attraverso il nostro modo di porci di fronte all’altro, facendolo sentire accolto, ascoltato ed amato.
  3. No ad un atteggiamento battagliero, bensì costruire un ascolto delicato ed accogliente. Importante per trasmettere l’amore evangelico è la credibilità, non le parole. L’umiltà e la carità sono i pilastri di questo amore.

Padre Emanuele sottolinea che ognuno di noi ha espresso il proprio pensiero nella sua modalità e questo è la base del dialogo. Ricordiamoci sempre che Dio ci ama dentro le difficoltà, dentro le contraddizioni, dentro i nostri peccati. Non esiste nulla che impedisca a Dio di incontrarci.

Il nostro obiettivo è quello di diventare umani.

L’amore che voglio godere per me è strettamente vincolato all’amore degli altri, se io chiedo amore per me è automatico l’amore per l’altro.

Spesso però questo nostro bisogno di essere amati fa sorgere in noi la competizione: l’altro è più amato di me.

L’intelligenza spirituale ci consente di comprendere dentro di noi questi sentimenti per volgerli al bene e non alla distruzione.

Siamo chiamati a vivere la propria umanità alla maniera evangelica. L’umanità va plasmata secondo il Vangelo.

Il modo di vedere, di leggere le situazioni pone l’altro prima rispetto ai nostri interessi.

Riflettiamo:

  1. Rifiutare di perdonare significa privarsi di Cristo;
  2. Impedire all’impulso aggressivo di tradursi in azione autogiustificata;
  3. Non allontanarci da chi ci infastidisce, non è necessario che il conflitto si risolva, senza coltivare una cattiva immagine dell’altro.
  4. Io mi ricordo di te in quello spazio di massima libertà nel rapporto con il Signore.

Dobbiamo esercitare il cuore ad essere largo più dei nostri sentimenti.

Cristo ha gettato tutta la Sua vita sulla mancanza dell’altro, il valore della mancanza è la fiducia.

Gesù può tirare fuori la vita dalla mancanza, non premeditiamo di difenderci dall’altro le reazioni mettono in evidenza dove è concentrato il cuore.

Di fronte ai nostri errori e alle nostre mancanze cerchiamo di comprendere cosa possiamo imparare di noi nel rapporto con il Signore nel fatto accaduto.

Domenica 19 Maggio.

In questo ultimo giorno della nostra permanenza a Roma, abbiamo ascoltato il nostro Presidente Nazionale Diego Torre e l’Assistente Nazionale p. Salvatore Maria Pulizzotto, i quali ci hanno affidato una bozza delle linee guida per la Formazione in preparazione all’Affidamento a Maria.

Essi sottolineano l’importanza di rispettare i tre livelli di Affidamento, senza obbligare le persone a frequentare l’Associazione. Il cammino e la formazione vanno svolti con impegno e serietà perché qualunque scelta facciamo saremo testimoni di Cristo nel mondo. Si è parlato di fare un percorso formativo costante e diluito nel tempo, senza farsi prendere dalla fretta di avere un numero di Consacrati, piuttosto che puntare sulla loro qualità.

La formazione va svolta utilizzando diversi materiali cartacei e audiovideo.

Infine, ci ricordano che la data della Consacrazione va fissata insieme agli aspiranti militi e se è necessario modificarla, questo aspetta farlo al Consiglio locale e non al Presidente o Assistente Regionale né tanto meno a quello Nazionale.

Terminata l’Assemblea, ci siamo riuniti per ascoltare la S. Messa celebrata da p. Gilson Miguel Nunes, il quale ci ricorda che   nel giorno di Pentecoste e siamo chiamati ad invocare lo Spirito Santo perché faccia crescere in noi i frutti buoni ed illumini il nostro apostolato per essere veri testimoni nel mondo.

Prendendo tra le sue braccia il piccolo Giovanni Vatamanelu ci dice di essere proprio come lui tra le braccia di Maria, affidandoci completamente a Lei certi che si prenderà cura di noi … che guiderà i nostri passi … per essere anche noi come madri nel mondo prendendoci cura con amore e tenerezza dell’altro … per essere speranza nel mondo.

L’Immacolata veglia su ognuno di noi, non dobbiamo avere paura di niente.

Buon cammino a tutti

 

 

Presidente Regionale

Simona Sampaolesi

 

Allegati a questo articolo