Oggi, Sabato 14 Settembre 2024, nella Diocesi di Ancona – Osimo c/o la Chiesa di San Michele Arcangelo, si è tenuto il Convegno Diocesano dal titolo “Convertire la Catechesi e …”.

La Chiesa era gremita di persone, molti catechisti e, personalmente, come rappresentante del Movimento della MI, in quanto anche noi lavoriamo per la formazione di cristiani che desiderano fare un cammino di fede autentico, riscoprendo le proprie promesse battesimali.

Dopo la preghiera e l’invocazione dello Spirito Santo, il Vescovo Mons Angelo Spina ci fa il suo saluto e ringrazia per la partecipazione, in seguito è intervenuto don Sauro che spiega che questa scelta pastorale è una scelta di campo per avviare un cammino comune.

Egli ci spiega il termine convertire, il quale indica un cambiamento di mentalità nel quale fare nostri i nuovi principi delle catechesi per dare una risposta ai bisogni dei fedeli.

Al termine di questo intervento, abbiamo ascoltato le parole di don Emanuele Piazzai Direttore dell’Ufficio Catechistico Regionale delle Marche, il quale ci ha donato degli spunti di riflessione di grande spessore.

Egli ci induce a porci la domanda “Perché convertire la catechesi? Per quale ragione ha senso cambiare?” Semplicemente perché è cambiato il mondo.

Quando noi ci prepariamo per formare il cammino delle persone, di ogni fascia di età, è importante tenere presente il Contesto di appartenenza dell’altro, perché è lì che si incentra tutta la sua storia di vita ed è proprio esso che genera la fede.

Un tempo il contesto era determinato da tre aspetti:

  1. La famiglia:
  2. La Scuola;
  3. Il Paese.

Nella famiglia vi era la trasmissione di momenti importanti sia per la riunione dei membri familiari che la trasmissione della preghiera e del senso della vita cristiana.

La scuola era un proseguo dell’insegnamento che partiva in famiglia, rafforzandolo e applicandolo nella vita sociale e relazione del ragazzo.

Il paese e la vita dello stesso venivano cadenzati dai momenti centrali della vita cristiana.

Egli sottolinea che questi tre aspetti del contesto erano utili per generare la fede nel soggetto, mentre il catechismo andava a nutrire e ampliare le basi della stessa.

Che cosa è cambiato?

I tre pilastri sopra esposti sono venuti a mancare e il terreno della fede sul quale la catechesi dovrebbe lavorare non è più fertile e, il lavoro viene completamente concentrato sull’ora di catechismo.

Oggi abbiamo un nuovo contesto dove tutto è in continuo cambiamento, dove i valori sono diversi, i bisogni sono più complessi per cui siamo chiamati alla Nuova evangelizzazione, ovvero, siamo chiamati a riportare il Vangelo in tutti quegli ambiti dove è stato estromesso.

Nel documento “Il cammino della fede” vengono evidenziati 9 punti cardine sui quali si incentra questo cambiamento, i quali chiedono di agire … sperimentare … muoversi …ma questo genera paura e la paura blocca è questo il pericolo.

Siamo chiamati a rischiare!

Don Emanuele tratta alcuni punti cardine, racchiudendo alcuni di essi in un’unica nomenclatura:

  1. Tutta la comunità.

Questo punto mette in evidenza il desiderio di offrire un ambiente reale e non ideale della vita cristiana.

La comunità deve divenire una casa dove al centro di essa si dispiega la vita. La persona che vi entra si sente accolto … amato … condivide la sua quotidianità con quella dell’altro.

La vita cristiana si trasmette per osmosi … annuncio il Vangelo vivendolo con l’altro, non solo pronunciandolo con la parola, come se fosse una storia. Don Emanuele ci riporta la sua esperienza dove nella sua comunità ha creato degli spazi dove i ragazzi vivono per tre mesi insieme ai sacerdoti, condividendo gli uni e gli altri la propria vita.

Chiediamoci “La mia comunità è una casa? Che vita si sperimenta? Come sono custoditi gli ambienti”. Ogni dettaglio va curato per accogliere l’altro in famiglia, una famiglia che non è solo mia e di pochi altri, ma di tutti.

  1. Le relazioni.

La relazione con l’altro è già un annuncio ed essa si articola in tre aspetti:

  • Relazione di ascolto: siamo chiamati ad ascoltare l’altro per cogliere quali sono i suoi bisogni, le sue domande. Spesso ci interroghiamo sul perché i giovani o le persone non restano, semplice, vanno via perché le loro domande sono diverse. Noi facciamo catechesi con l’intento di dare risposte, ma non conosciamo l’altro e le sue domande, per tale motivo il suo cuore lo conduce altrove.
  • Relazioni di gesti: la catechesi richiede un incontro con l’altro, con la sua vita, con il suo essere, per questo è importante far passare la vicinanza emotiva con un abbraccio, una stretta di mano, uno sguardo che accolga la sua intera persona.
  • Relazioni che accompagnano: noi non siamo chiamati a dare un’impronta indelebile di come si vive la vita cristiana, bensì accompagniamo l’altro nel suo cammino rispettando la sua storia e il suo incontro con Cristo che è unico, come unico lo è stato per tutti noi.

Chiediamoci “Che risposte voglio dare all’altro? Che via voglio indicargli?”.

  1. Kerygma.

Attraverso le nostre catechesi dovremmo trasmettere che Cristo è una presenza nella nostra vita, non è qualcuno che sta in Cielo e ci guarda, ma cammina con noi, si intreccia con la nostra vita guidandola e dandogli un senso.

Anche noi, nel rapporto con l’altro, siamo chiamati ad essere una presenza che condivide e cammina insieme a lui.

Domandiamoci “Che cosa abbiamo trasmesso finora qualcosa o una presenza?”

  1. Cammino integrato.

Il nostro cammino di preparazione cristiana si articola in tanti aspetti, i quali non vanno proposti uno ad uno e in modo frammentato, bensì devono essere legati da un filo comune che conduce verso lo stesso obiettivo. Conoscere il Signore e sentirlo presenza attiva nella nostra vita. Il cammino integrato è un’ispirazione catecumenale (Vedi cap.52 del documento), attraverso la quale possiamo riformulare la catechesi sulla base della contemplazione di alcuni elementi tra loro integrati:

  • Ascolto della Parola;
  • Introduzione della dottrina;
  • Celebrazione della grazia;
  • Fraternità ecclesiale;
  • Testimonianza.
  1. Tempi di percorsi.

Essi sono i tempi di passaggio dei Sacramenti, noi sappiamo che c’è un’età indicativa per riceverli, ma oggi le cose sono cambiate. Siamo chiamati a passare da un Sacramento automatico ad uno scelto. Scegliere di voler fare un Sacramento è alla base della costanza nel portarlo avanti perché viene dal cuore e non da una regola imposta dall’uomo.

  1. Convertire il linguaggio.

Importante nella comunicazione è il linguaggio che usiamo per renderla efficace. Esso si articola in tre aspetti:

  • Vangelo;
  • Colui che annuncia;
  • Il destinatario.

Questi tre aspetti si devono intrecciare fra loro, in quanto vissuti separatamente sono la causa dell’incomunicabilità.

Quando parliamo con l’altro è necessario che passi la nostra esperienza, i nostri vissuti per poterlo incontrare autenticamente. Si parla di narrazione della fede dove in essa si intreccia la storia del Vangelo con la vita di colui che annuncia e colui a cui è destinato l’annuncio.

Attraverso l’incontro di questi tre aspetti può nascere la certezza del cuore che Dio c’è!

Don Emanuele ci racconta ciò che lo ha colpito in un film dedicato a Maria.

Un soldato entra nella casa di Giovanni e lì vede Maria anziana e una giovane che se ne prendeva cura e lui le chiede “Ma come fai a credere in qualcuno che non hai visto?”, la giovane gli risponde “E’ vero non l’ho conosciuto, ma guardando i suoi occhi capisco che è tutto vero!”.

Noi siamo militi e figli di Maria, a volte lungo il cammino perdiamo la speranza e ci domandiamo se è tutto vero quello per cui stiamo lottando ogni giorno, guardiamo gli occhi di Maria per ritrovare la forza e la certezza. Non abbassiamo mai lo sguardo su di Lei per non perdere il senso e la direzione del nostro cammino: giungere a Cristo e attraverso Lui a Dio godendo della Sua misericordia e della speranza certa che ci ha donato.

Auguro a tutti un buon cammino e, in particolare, un buon lavoro a tutti i catechisti, tra i quali ho scorto molti nostri militi, i quali stanno gettando le basi per far crescere le nuove comunità cristiane nella quali poter respirare un clima di famiglia e di accoglienza, la stessa che ci consentirà di sentirci a casa in presenza dello stesso Padre che ha cura di ognuno di noi.

Buon cammino

Presidente Regionale MI

Simona Sampaolesi

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