Le due corone

Raimondo Kolbe, il futuro San Massimiliano (canonizzato da Papa Giovanni Paolo II, il 10 ottobre 1982), è nato il 7 gennaio 1894, da modesti tessitori polacchi. Suo padre è molto dolce, un po’ taciturno. Sua madre, Maria, è energica e laboriosa. Oltre a due figli morti in tenera età, la famiglia conta tre ragazzi, Francesco, Raimondo e Giuseppe. Raimondo è indipendente, intraprendente e un po’ testardo. Di indole vivace e impulsiva, mette spesso a dura prova la pazienza di sua madre, che un giorno gli grida: «Che ne sarà di te?». Il rimprovero provoca nel piccolo una vera e propria conversione. Diventa bravo ed ubbidiente. La mamma si accorge che scompare spesso dietro l’armadio, dove c’è un altarino di Nostra Signora di Czestochowa. Lì, egli prega e piange. «Andiamo, Raimondo, gli dice sua madre, perché piangi? – Quando tu mi hai detto: “Raimondo, che ne sarà di te?” ho provato un grosso dispiacere e sono andato a domandare alla Santa Vergine che fine avrei fatto… La Santa Vergine mi è apparsa, tenendo due corone, una bianca e l’altra rossa. Mi ha guardato con amore e mi ha chiesto quale scegliessi; quella bianca significa che sarò sempre puro e quella rossa che morirò martire. Ho risposto: “Le scelgo tutte e due!”».

A partire da quell’incontro, l’anima del fanciullo conserverà un amore indefettibile per la Santa Vergine. Attirato da Maria, Raimondo Kolbe abbraccia la vita religiosa. Il 4 settembre 1910, indossa l’abito francescano, e assume il nome di “fra Massimiliano Maria”. Nell’autunno del 1912, i superiori lo mandano all’università gregoriana di Roma. Gli studi non lo distolgono dal suo ideale di santità: vuol procurare a Dio la più grande gloria possibile. «La gloria di Dio consiste nella salvezza delle anime. La salvezza delle anime e la santificazione perfetta di esse, già riscattate ad un prezzo molto elevato dalla morte in croce di Gesù, cominciando naturalmente dalla propria anima, è dunque il nostro nobile ideale». Ma la via della salvezza si trova nel compimento della volontà di Dio. Così il giovane frate scrive a sua madre: «Non ti augurerò né la salute, né la prosperità. Perché? Perché vorrei augurarti qualcosa di meglio, qualcosa di talmente buono che Dio stesso non saprebbe augurarti di più: che in tutte le cose sia fatta in te, mamma, la volontà di questo ottimo Padre, che tu sappia in tutte le cose compiere la volontà di Dio! È tutto quel che posso augurarti di meglio».

Sotto i piedi di Lucifero

È a Roma che la Santa Vergine gli ispira di fondare la Missione dell’Immacolata. All’epoca, la massoneria esultava nella città eterna. «Quando i massoni cominciarono a darsi da fare sempre più sfrontatamente, spiega fra Massimiliano, ed ebbero spiegato il loro stendardo sotto le finestre del Vaticano, quello stendardo in cui, su sfondo nero, Lucifero calpestava l’arcangelo San Michele, quando si misero a distribuire manifestini che inveivano contro il Santo Padre, nacque in me l’idea di fondare un’associazione che avesse come scopo quello di combattere i massoni e gli altri tizzoni d’inferno». Un giorno del 1915, a Roma, un uomo maturo vocifera davanti a fra Massimiliano Kolbe, contro il Papa e la Chiesa. Il giovane francescano intavola la discussione. «Me ne intendo, giovincello! Sono dottore in filosofia», esclama lo sconosciuto. «E anch’io», replica il fraticello di ventuno anni, che ne dimostra sedici. Stupefatto, l’uomo cambia tono. Allora, pazientemente, con una logica inesorabile, il frate riprende uno per uno gli argomenti del suo interlocutore e li ritorce contro di lui. «Verso la fine della discussione, racconta un testimone, il miscredente tacque. Sembrava riflettere profondamente». Chi è mai questo apostolo ardente, descritto da Papa Paolo VI come un «tipo d’uomo cui possiamo conformare la nostra arte di vivere, riconoscendogli il privilegio dell’apostolo Paolo, quello cioè di poter dire al popolo cristiano: Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo (1 Cor. 11, 1)»? La massoneria è una società segreta dalle mille ramificazioni, che si sforza di dirigere il mondo secondo principi che escludono l’autorità di Dio e la Rivelazione. Ma la massoneria distrugge pure la società civile, poiché i suoi principi contraddicono la legge naturale e minano «i fondamenti della giustizia e dell’onestà»

Minacce programmate scientificamente

In presenza delle stesse forze del male, già operanti alla sua epoca, San Massimiliano offre alla nostra vista un bell’esempio di zelo apostolico. Come San Paolo, si applica a vincere il male con il bene (Rom. 12, 21). Forte della sua fede e di una teologia molto sicura, si rivolge alla Vergine Maria ed al di Lei divino Figlio. Per venire a salvarci, il Verbo di Dio ha degnato di farsi uomo, e di scegliere per Madre una vergine promessa ad un uomo di nome Giuseppe, della casa di Davide, e il nome della vergine era Maria (Luca 1, 26-27). La Madre del Salvatore, Maria, fu dotata da Dio di doni all’altezza di una tanto grande responsabilità. L’angelo Gabriele, all’atto dell’Annunciazione, la saluta quale piena di grazia (Luca 1, 28). Esplicitando quest’espressione, Papa Pio IX ha proclamato, nel 1854, il dogma dell’Immacolata Concezione: «La beata Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio Onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale». Non avendo mai conosciuto il peccato, l’Immacolata ha un potere immenso contro qualsiasi male ed è divenuta la «Madre di tutte le Grazie».

Salvare tutte le anime

Potente contro il male, Nostra Signora trionfa sul demonio. Così, fra Massimiliano fonda la Milizia dell’Immacolata, sulla base della parola di Dio al serpente (il diavolo): Essa (la Santa Vergine) ti schiaccerà il capo (Gen. 3, 15). Il santo collega questa divina profezia con l’affermazione della liturgia: «Da te sola, o Maria, sono state vinte tutte le eresie». Lo scopo della sua opera è quello di ottenere «la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici, ecc., ed, in particolare, dei massoni; e la santificazione di tutti gli uomini sotto la direzione e per il tramite della Beata Vergine Maria Immacolata». Nel suo ardore, egli desidera la conversione di tutti i peccatori, poiché il santo non dirà mai «salvare anime», ma «tutte le anime». I membri della “Milizia” faranno l’offerta totale di se stessi alla Beata Vergine Maria Immacolata, come strumenti nelle sue mani, e porteranno la Medaglia Miracolosa. Reciteranno, una volta al giorno, la seguente preghiera: «O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te e per tutti coloro che non ricorrono a Te, in particolare per i massoni e per tutti quelli che ti sono raccomandati».

Cristianizzare la cultura

La salute di fra Massimiliano non è vigorosa. Malgrado ciò, egli si applica con coraggio allo studio, supera brillantemente gli esami, e diventa, nel 1915, dottore in filosofia. Quattro anni più tardi, ottiene, con pari successo, un dottorato di teologia. Nel frattempo, è stato ordinato sacerdote, il 28 aprile 1918. Progetta la propria formazione intellettuale con lo scopo di istruire il prossimo e di contribuire in questo modo alla salvezza delle anime. Il suo desiderio è quello di «far servire qualsiasi progresso per la gloria di Dio», vale a dire cristianizzare la cultura moderna. Ma il santo deve sperimentare che il bene non si fa senza la croce. Infatti, come ricorda Santa Teresa di Gesù Bambino, «solo la sofferenza genera le anime». Verso la fine del 1919, viene inviato a Zakopane, in un sanatorio, in cui mancano i soccorsi religiosi. Benché ammalato, intraprende un difficile apostolato presso gli altri degenti, aiutandosi con medaglie miracolose. Conquista i cuori e le menti ad uno ad uno, e il suo successo è tale, che lo si invita a tenere conferenze. L’apostolo di Maria non aspettava che quello. Molti increduli si convertono.

Il veleno dell’indifferenza

Poi, Padre Massimiliano inaugura una serie di “incontri apologetici”, sull’esistenza di Dio e la divinità di Cristo. L’amore che manifesta per la verità traspare in una lettera scritta al fratello Giuseppe: «Ai giorni nostri, il veleno peggiore è l’indifferenza, che trova le sue vittime non solo fra la borghesia, ma anche fra i monaci, a gradi diversi, naturalmente». Nel 1927, Padre Massimiliano fonda la città mariana francescana di Niepokalanow (letteralmente: la città dell’Immacolata). Tutto ivi è dedicato a Maria. Numerosi sono coloro che chiedono di essere ammessi al noviziato, a tal punto che il convento conterà fino a mille monaci. «A Niepokalanow, dice Padre Massimiliano, viviamo con un’idea fissa, se ci si può esprimere così, scelta volontariamente ed amata: l’Immacolata!» La stampa, la cui influenza non cessa di crescere, gli sembra un terreno di apostolato privilegiato. Lancia, in vista dell’evangelizzazione, la rivista “Il Cavaliere dell’Immacolata”, che diventerà ben presto la più importante pubblicazione della Polonia. Nel 1939, la tiratura raggiungerà il milione di esemplari.

Conosce il giapponese?

Lungi dall’essere l’unico obiettivo di Padre Massimiliano, la Polonia è soltanto un trampolino. Appena tre anni dopo la fondazione di Niepokalanow, incontra, in un treno, degli studenti giapponesi. La conversazione si avvia, e il monaco offre delle medaglie miracolose. In cambio, gli studenti gli danno degli elefantini di legno che servono loro da feticci. Da allora, il santo non cessa di pensare alla grande pena di quelle anime senza Dio. Perciò, un bel giorno, si presenta al suo provinciale e gli chiede il permesso di andare in Giappone per fondarvi una Niepokalanow giapponese.

«Ha denaro?» domanda il Padre Provinciale.
«No» risponde Kolbe.
«Conosce il giapponese?»
«No» disse.
«Ha almeno amici laggiù, qualche appoggio?»
«Non ancora, ma ne troverò, con l’aiuto di Dio e dell’Immacolata».

Una volta ottenute tutte le autorizzazioni, Padre Massimiliano parte per il Giappone, nel 1930, con quattro fratelli. A forza di lavoro, di audacia, di preghiere e di fiducia nell’Immacolata, essi riescono a creare la “Mugenzai no Sono”, testualmente: il giardino dell’Immacolata. Due anni dopo la fondazione in Giappone, Padre Massimiliano s’imbarca, per andare a fondare una città in India. Alle prese con grosse difficoltà, prega Santa Teresa di Lisieux: non aveva convenuto con lei, un tempo, a Roma, che avrebbe pregato tutti i giorni per la sua canonizzazione, ma che, in cambio, essa sarebbe stata la patrona delle sue opere? Santa Teresa onora il contratto. Tutti gli ostacoli spariscono come per incanto. Ma, spossato e consunto dalla febbre, l’apostolo di Maria Immacolata deve rientrare in Polonia, nel 1936.

L’amore o il peccato

Settembre 1939: la guerra si abbatte sul paese. San Massimiliano si dedica all’apostolato con più ardore che mai. «Se il bene consiste nell’amore di Dio ed in tutto ciò che scaturisce dall’amore, il male, nella sua essenza, è una negazione dell’amore», si legge nell’ultimo articolo da lui pubblicato. Ecco il vero conflitto. In fondo ad ogni anima, vi sono questi due avversari: il bene ed il male, l’amore ed il peccato. Il 17 febbraio 1941, poliziotti della Gestapo catturano Padre Massimiliano e quattro altri frati e li conducono, inizialmente, nella prigione di Pawiak, a Varsavia. Padre Massimiliano viene picchiato violentemente, in quanto religioso e prete. Scrive ai suoi discepoli rimasti a Niepokalanow: «L’Immacolata, Madre tanto amante, ci ha sempre circondati di tenerezza e veglierà sempre… Lasciamoci guidare da Lei, in modo sempre più perfetto, dove Essa vorrà portarci, e qualunque sia la sua volontà, affinché, compiendo fino in fondo il nostro dovere, possiamo, per amore, salvare tutte le anime». Qualche giorno più tardi, Padre Kolbe viene trasferito al campo di concentramento di Auschwitz. Ben presto ricoverato all’ospedale, a causa delle sevizie subite, passa tutte le notti a confessare, malgrado il divieto e la minaccia di rappresaglie. Sa convertire in bene il male stesso, e spiega un giorno ad un malato: «L’odio non è una forza creatrice. Solo l’amore è creatore. Questi dolori non ci faranno cedere, ma devono aiutarci, sempre di più, ad esser forti. Sono necessari, con altri sacrifici, perché coloro che rimarranno dopo di noi siano felici». Fa condividere ai suoi compagni l’esperienza del mistero pasquale, in cui la sofferenza vissuta nella fede, si trasforma in gaudio.

Lavorare con tutte e due le mani

Alla fine di luglio del 1941, un prigioniero del blocco 14, quello di Padre Massimiliano, è evaso. Il capo del campo di concentramento aveva avvertito che, per ogni evaso, dieci uomini sarebbero stati condannati a morire di fame e di sete. Uno degli infelici designati per morire, grida: «Oh! povera moglie mia, figli miei, non vi rivedrò più!» Allora, in mezzo ai compagni interdetti, Padre Massimiliano si fa strada ed esce dalle file. «Vorrei morire al posto di uno di questi condannati», e designa quello che si era lamentato. «Chi sei?» chiede il capo. «Un prete cattolico», risponde Padre Massimiliano. Poiché è come prete cattolico che vuol dare la propria vita, l’ufficiale, stupefatto, rimane in silenzio per un istante, poi accetta l’eroica proposta. I carcerieri si rendono subito conto che, nel blocco della morte, succede qualcosa di nuovo. Invece delle grida abituali di disperazione, sentono alzarsi canti. La presenza di Padre Massimiliano ha cambiato l’atmosfera dell’orribile cella. La disperazione ha lasciato il posto ad un’aspirazione verso il cielo, verso la Madre della Misericordia, un’aspirazione piena di speranza, di accettazione e di amore. Alla vigilia dell’Assunzione, solo Padre Massimiliano è pienamente cosciente. Quando le guardie entrano per dargli il colpo di grazia, è in preghiera. Vedendo la siringa, tende da se il braccio scarno all’iniezione mortale. In vita, San Massimiliano Kolbe amava ripetere:
«Su questa terra, non possiamo lavorare che con una sola mano, perché con l’altra dobbiamo aggrapparci, per non cadere. Ma in Cielo, sarà diverso! Nessun pericolo di scivolare, di cadere! Allora, lavoreremo ancora di più, con tutte e due le mani!»