Ai militi dell’Immacolata delle Marche

Invito in occasione della Quaresima 2017

 

La gioia di appartenere all’Immacolata

“…Noi ci consacreremo illimitatamente all’Immacolata e questo costituisce l’essenza della Milizia: ogni nostra passione e l’azione, pensieri, parole, atti; vita morte eternità tutti noi siamo sempre la proprietà irrevocabile dell’Immacolata Regina del cielo e della terra. Dunque anche se non ci pensiamo Essa dirige ogni nostro atto e predispone tutte le circostanze, ripara le cadute e ci porta amorevolmente verso il cielo e per mezzo di noi si compiace di seminare buoni pensieri, affetti, esempi, di salvare le anime e ricondurle al buon Gesù – C’è dunque una bella differenza.” (S. M. Kolbe): ecco, in sintesi, la gioia di appartenere all’Immacolata! Attraverso la nostra consacrazione noi ci facciamo in ogni momento strumento nelle mani di Dio.

Sempre nella stessa lettera così continuava: “ Ma la volontà della nostra Mamma è lo stesso che la Volontà di Dio? Senza dubbio, ma (se si può dirlo) c’è qualche distinzione cioè che la Mamma è lo strumento della Misericordia di Dio, non però della Giustizia. Il Buon Dio per non punirci ci diede la Mamma per poter restringere quanto più la sua Giustizia.”

Praticamente la Misericordia di Dio passa dall’Immacolata attraverso di noi, si serve di noi, per poi inondare le persone che ci circondano e, senza esagerare, il mondo intero.

Se comprenderemo veramente questo, lo faremo nostro e lo vivremo non dovremo forse essere nella gioia? Non ci sentiremo quindi “rivestiti” ed “investiti” di una grande Grazie e parallelamente di un grande compito: vivere le nostre quotidianità e con esse avvicinare al Signore le persone lontane dall’amore di Dio ci rende e ci renderà lieti. Da questo esprimeremo con il nostro aspetto e soprattutto con nostre azioni la gioia di appartenere a Lei!

 

E la nostra felicità non è forse dovuta al fatto che abbiamo risposto con un “eccomi” alla chiamata di Maria? In Giovanni leggiamo: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.”

e a tal proposito S. Kolbe scrive: “Quale sentimento di riconoscenza colmerà il cuore di ognuno di noi, allorché, dopo la morte, vedremo Lei, l’Immacolata, che, senza alcun merito da parte nostra, si è degnata chiamarci a lavorare per Lei in un modo così sublime.”

 

La sfida a cui noi consacrati all’Immacolata dunque siamo chiamati è proprio quanto sottolineato da S. Massimiliano: “A causa dello scoraggiamento generale esistente nella nostra patria, tralascio per il momento temi troppo malinconici e mi sforzo di risuscitare nei cuori la scintilla della speranza, di infondere nei cuori la fede in un avvenire migliore, sotto la protezione dell’Immacolata, di scuotere dal torpore e spronare all’azione”.

A tal proposito in Matteo troviamo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero.”

Nella lettera ai Romani si legge: “Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità” e sempre nella stessa lettera: “noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.”

Francesco d’Assisi spiega così la perfetta letizia di lavorare nella vigna del Signore, di essere tutti fratelli e di essere martiri della fede:

“Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angeli con frate Leone a tempo di verno, e il freddo grandissimo fortemente il cruciava, chiamò frate Leone il quale andava un poco innanzi, e disse così: “Frate Leone, avvegnadio ch’e frati minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e buona edificazione, nondimeno scrivi, e nota diligentemente, che non è ivi perfetta letizia”.

E andando più oltre, santo Francesco il chiamò la seconda volta: “O frate Leone, benché ‘l frate minore illumini i ciechi, distenda gli attratti, cacci i demoni, renda l’udire a’ sordi, l’andare a’ zoppi, il parlare a’ mutoli e (maggior cosa è) risusciti il morto di quattro dì, scrivi che non è in ciò perfetta letizia”.

E andando un poco, santo Francesco grida forte: “O frate Leone, se ‘l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienzie e tutte le scritture, sì ch’e sapesse profetare e rivelare non solamente le cose future, ma eziandio i segreti delle coscienze e degli animi, scrivi che non è in ciò perfetta letizia”.

Andando un poco più oltre, santo Francesco ancora chiamò forte: “O frate Leone, pecorella di Dio, benché ‘l frate minore parli con lingua d’angeli e sappi i corsi delle stelle e le virtù dell’erbe e fossongli rivelati tutti i tesori della terra e cognoscesse le nature degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli arbori e delle pietre e delle radici e dell’acque, scrivi che non ci è perfetta letizia”.

E andando anche un pezzo, santo Francesco chiama forte: “O frate Leone, benché ‘l frate minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo, scrivi che non è ivi perfetta letizia”.

E durando questo modo di parlare bene due

…E durando questo modo di parlare ben di due miglia, Frate Lione con grande ammirazione il domandò: «Padre, io ti prego dalla parte di Dio, che tu mi dica dov’è perfetta letizia».

E Santo Francesco sì gli rispose: «Quando noi saremo a Santa Maria degli Angeli, cosi bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo, e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo alla porta; e il portinaio verrà adirato e dirà: “Chi siete voi?”, e noi diremo: “Noi siamo due de’ vostri Frati”. E colui dirà: “Voi non dite vero: anzi siete due ribaldi che andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via”; e non ci aprirà, e faracci star di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e con la fame insino alla notte; allora se noi tanta ingiura e tanta crudeltate sosterremo pazientemente senza turbarsene e senza mormorare di lui; e penseremo umilmente e caritativamente che quello portinaio veramente ci cognosca, e che Iddio il fa parlare contra a noi: o Frate Lione, iscrivi, che qui è perfetta letizia. E se noi perseveriamo picchiando, e egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate, dicendo: “Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, che qui non mangerete né albergherete”. Se noi questo sosterremo con pazienza e con allegrezza e con amore: o Frate Lione, iscrivi, che qui è perfetta letizia. E se noi, pur costretti dalla fame e dal freddo, più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto, che ci apra e mettaci dentro; e quello più scandalizzato dirà: “Costoro son gaglioffi importuni, io gli pagherò bene come sono degni”; e uscirà fuori con un bastone nocchieruto e piglieracci per lo cappuccio e getteracci in terra e involgeracci nella neve, e batteracci nodo a nodo con quello bastone: se noi tutto questo sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore: o Frate Lione, iscrivi, che qui è perfetta letizia. E però odi la conclusione: sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e disagi. Imperocché in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, perché non sono nostri, ma di Dio; onde dice l’Apostolo: “Che hai tu, che tu non abbi da Dio?”… Ma nella croce della tribolazione ben ci possiamo gloriare, perocché questo è nostro; e perciò dice l’Apostolo: “Io non mi voglio gloriare, se non nella croce del Nostro Signor Gesù Cristo”».

 

Quindi l’augurio per questo nuovo tempo di cammino con inizio di Quaresima 2017 è la certezza della fede, il coraggio della fede, la fermezza della fede. “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse il dolore o l’angoscia? La persecuzione o la fame o la miseria? I pericoli o la morte violenta?” La forza della fede produce e produrrà certamente in noi quella gioia di essere nelle Mani del Signore accompagnati dalla Sapienza di Maria.

 

“Prendiamo quindi la nostra vita e facciamone un capolavoro!”

 

Buon Cammino nella Gioia di appartenere totalmente a Maria e di essere stati da Lei scelti e chiamati per lavorare nella vigna del Signore!!!

 

Consiglio della Milizia dell’Immacolata di Mogliano – Marche

 

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